Giovanni Paolo II ha sfidato una società dove si registrava una soggettivazione della fede, dove sempre più persone si costruivano una religione a proprio uso e consumo, dietro alla quale vi erano molte responsabilità da parte dei cristiani e della Chiesa gerarchica, ed egli di fronte a tutto ciò ha manifestato il massimo del suo carisma di testimone. I cristiani mostravano scarsità della loro testimonianza e incapacità a vivere la sconvolgente novità del vangelo e una fede insignificante, mentre la Chiesa gerarchica aveva mantenuto a lungo il messaggio cristiano sotto il peso di troppe strutture, troppa autorità, troppi divieti , e di una pastorale troppo difensiva, troppo circoscritta all'impegno sociale-caritativo. Egli parlò all'uomo di Dio, e di come Dio non possa essere il nemico di chi Lui stesso ha creato. Parlò della vita che, senza nessun riferimento spirituale, condurrebbe al vuoto. Parlò della speranza, che può dare un senso non solamente all'esistenza futura, nell'aldilà, ma anche alla voglia di costruire già qui, in questa vita, qualcosa di nuovo. I suoi viaggi, per questa testimonianza, costituirono uno strumento concreto, incisivo, perchè all'annuncio del Vangelo con la parola si aggiungeva la presenza in un determinato luogo. La sua testimonianza trovava mille strade con le parole, ma anche con il linguaggio dei gesti, per arrivare al cuore, per far sentire la vicinanza di Dio agli sfortunati, ai poveri, ai sofferenti. Come quella volta nell'isoletta sotto la Corea del Sud, quando volle baciare quel lebbroso che guardandolo fisso lo aveva "costretto" a voltarsi, a tornare da lui. O ancora , in Brasile, quando raccontò a una bambina cieca come fosse "fatto" il Papa, come fosse vestito, dove andasse; e lei, intanto, come a trovare conferma del racconto, lo sfiorava con le sue manine.
Infine , gli ultimi mesi di vita di Karol Wojtyla, sono quelli che sicuramente hanno rappresentato il culmine di questa testimonianza. Nonostante la malattia lo devastasse ogni giorno di più, egli non ha mai nascosto la sua infermità, perchè altrimenti avrebbe finito per nascondere il suo ruolo di pastore,si sarebbe separato dalla gente. Decise di fronte a Dio di continuare la sua missione fino a che le sue forze glielo avrebbero permesso,continuando ad assolvere i suoi impegni senza far mai pesare le sue sofferenze. Giovanni Paolo II senza mai risparmiarsi, a una società che ha paura del dolore e occulta la morte, mostrò da uomo prima che da Papa, come si possono vivere con serenità e coraggio le prove più dolorose.
La vita di Karol Wojtyla è stata segnata dall'esperienza di Dio e dalla scelta per l'uomo. Questa duplice testimonianza viene da lui anticipata nella più profonda, ma meno conosciuta lettera enciclica Dives in misericordia.
Un documento questo che completa la prima enciclica, la Redemptor hominis. Infatti, dopo aver parlato della verità sull'uomo, come viene rivelata da Cristo, Giovanni Paolo II indicava nella misericordia divina,più ancora che nella giustizia, il fondamento della dignità dell'uomo, minacciata da tanti pericoli. Era un richiamo all'umanità, a ritrovare le vie della pace e della riconciliazione. Ed era un invito alla Chiesa, non solo a professare la misericordia di Dio, ma anche, se vuole seguire realmente Cristo, a tornare ad essere più misericordiosa, più pronta al perdono. Karol Wojtyla è tornato dal Padre, per restituirgli la vita che gli aveva donato, quel sabato 2 aprile del 2005. Era la vigilia della festività della Divina Misericordia; sarà stato questo un segno profetico?